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Come nasce cucine della nonna

Scritto da Antonio Rizzuto on . Postato in Editoriale

Cucine della Nonna nasce casualmente in una serata di fine autunno del 2011. Abbiamo colto l’opportunità di un vuoto, spinti da un forte desiderio di dar vita a Favara ad un progetto di arredo ambizioso, stimolante, che raccontasse la Sicilia, che valorizzasse ognuna delle nostre competenze, le persone e le materie del luogo. Per dare l’esempio a tutta la città e al Sud in generale, che anche qui possiamo creare opportunità di impresa, attività produttive e modelli positivi.


Il nostro desiderio è quello di vivere un quotidiano migliore in un contesto culturale più stimolante e ricco di opportunità. Non è pensabile che per comprare una cucina, una camera da letto, un complemento di arredo, tutto debba provenire da altri Continenti. Possiamo farlo anche noi, nella nostra tradizione abbiamo avuto artigiani, maestranze e creativi di alto profilo.

Mediante questo progetto vogliamo creare occupazione per il nostro territorio e in generale un luogo dove ognuno possa sentirsi libero di pensare, progettare, fare. Il lavoro migliore per ognuno di noi è quello che ci permette di valorizzare ed esprimere al meglio ciò che si ha dentro, di esprimere il proprio talento, senza mai opprimerlo.

Poi, crediamo che le persone meritano una proposta di arredi che punti alla valorizzazione dell’arte e ai materiali naturali, che sono legno, pietra, marmo, ferro, vetro. La materia cambia con il tempo, avere dentro casa materiali naturali aiuta a prevenire tumori, malattie collegate alla respirazione di formaldeide, di pulviscolo invisibile che con il tempo crea danni irreparabili alla salute. Non vogliamo che questo accada. Non vogliamo che le case diventino un accumulo di prodotti chimici ed inquinanti.

Infine, credo che bisogna puntare alla bellezza in ogni piccolo gesto quotidiano. Da sempre la bellezza è stata fonte di reddito. La bellezza si può ottenere dall’impegno civile di ognuno di noi; imprese, professionisti, dirigenti, lavoratori, amministrazioni pubbliche o private, hanno una responsabilità nei confronti del territorio nel quale operano e lavorano. E’ anche facendo quello che è civilmente normale che la società può andare avanti. Ma a volte non basta, e allora ci vuole follia, impegno, determinazione e voglia di spostare i confini.


Favara, 21 ottobre 2013

Antonio Rizzuto